Navi dei veleni, 77mila euro per trovare la Cunski.
La localizzazione delle navi non è costosa, la competenza è del ministero dell'Ambiente. Due giorni di lavoro per un costo complessivo di 77 mila euro. Questa la fattura che la cooperativa Nautilus presenterà all'Arpacal per il rinvenimento della Cunski. Una cifra niente affatto onerosa, secondo il biologo marino Raffele Greco, che dovrebbe stimolare il ministero all'Ambiente ad effettuare una mappatura di tutte le navi dei veleni affondate e procedere, eventualmente, con una bonifica. Il fenomeno, secondo le dichiarazioni del collaboratore Fonti, riguardano almeno una trentina di navi per almeno quattro regioni.
La localizzazione delle navi non è costosa, la competenza è del ministero dell'Ambiente. Due giorni di lavoro per un costo complessivo di 77 mila euro. Questa la fattura che la cooperativa Nautilus presenterà all'Arpacal per il rinvenimento della Cunski. Una cifra niente affatto onerosa, secondo il biologo marino Raffele Greco, che dovrebbe stimolare il ministero all'Ambiente ad effettuare una mappatura di tutte le navi dei veleni affondate e procedere, eventualmente, con una bonifica. Il fenomeno, secondo le dichiarazioni del collaboratore Fonti, riguardano almeno una trentina di navi per almeno quattro regioni.
La localizzazione delle navi non è costosa, la competenza è del ministero dell'Ambiente
Due giorni di lavoro per un costo complessivo di 77 mila euro. Questa la fattura che la cooperativa Nautilus presenterà all'Arpacal per il rinvenimento della Cunski. Trovare la prima delle navi dei veleni non è costato tanto. Solo 77mila euro, una cifra largamente accessibile per il ministero competente, quello dell'Ambiente. A renderlo noto all'AMI è il biologo marino Raffaele Greco della cooperativa Nautilus. «Stiamo parlando della sola individuazione e documentazione del relitto» a dodici miglia al largo per cinquecento metri di profondità. Ma il posizionamento non deve essere considerato come un colpo di fortuna, «il costo non cambia tanto dalla profondità, in passato per il ministero dei Beni Culturali ci siamo aggiudicati un bando sulla mappatura di siti archeologici sommersi in quattro regioni italiane». Quindi dovrebbe cambiare la committenza, non più i Beni Culturali ma il ministero all'Ambiente, considerando che il lavoro di rinvenimento, quindi di mappatura, dovrebbe essere il medesimo. E' appurato che un costo del genere, per quanto esiguo, non potrebbe essere di competenza di una Procura. Sarebbe difficile immaginare, ad esempio, che la Procura di Paola che vanta solo due magistrati possa intraprendere e commissionare un lavoro del genere. E risulterebbe anche insensato che fosse a farlo la Regione Calabria, in quanto oltre a non rientrare nelle competenze (il primo rinvenimento è stato finanziato e commissionato dall'Arpacal), il fenomeno delle navi sommerse investirebbe almeno quattro regioni: Basilicata, Sicilia, Puglia e Calabria. Il lavoro potrebbe risultare utile, non solo per capire una volta per tutte l'entità del danno (sono solo le trenta navi raccontate dal collaboratore Francesco Fonti o la pratica degli affondamenti potrebbe essere stata affidata anche ad altre imprese criminose?), ma anche per appurare il reale carico affondato con le imbarcazioni. «Sul sito di Cetraro andrebbe fatta una rigorosa caratterizzazione del sistema marino adiacente la nave, e poi ci sarebbe bisogno di uno studio sul relitto e sullo stato dei fusti», spiega Greco. Il tutto «per capire se si bisognerà procedere con un sarcofago in sito, uno svuotamento, o altro». Come abbiamo appurato dall'intervista svolta dall'AMI al Sen. Nicodemo Filippelli nel 2004 la commissione d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti allertò il presidente del consiglio dei ministri circa la gravità del fenomeno. Allora non fu presa alcuna iniziativa. Dopo cinque anni la vicenda torna alla pubblica ribalta con il rinvenimento della Cunski.
Due giorni di lavoro per un costo complessivo di 77 mila euro. Questa la fattura che la cooperativa Nautilus presenterà all'Arpacal per il rinvenimento della Cunski. Trovare la prima delle navi dei veleni non è costato tanto. Solo 77mila euro, una cifra largamente accessibile per il ministero competente, quello dell'Ambiente. A renderlo noto all'AMI è il biologo marino Raffaele Greco della cooperativa Nautilus. «Stiamo parlando della sola individuazione e documentazione del relitto» a dodici miglia al largo per cinquecento metri di profondità. Ma il posizionamento non deve essere considerato come un colpo di fortuna, «il costo non cambia tanto dalla profondità, in passato per il ministero dei Beni Culturali ci siamo aggiudicati un bando sulla mappatura di siti archeologici sommersi in quattro regioni italiane». Quindi dovrebbe cambiare la committenza, non più i Beni Culturali ma il ministero all'Ambiente, considerando che il lavoro di rinvenimento, quindi di mappatura, dovrebbe essere il medesimo. E' appurato che un costo del genere, per quanto esiguo, non potrebbe essere di competenza di una Procura. Sarebbe difficile immaginare, ad esempio, che la Procura di Paola che vanta solo due magistrati possa intraprendere e commissionare un lavoro del genere. E risulterebbe anche insensato che fosse a farlo la Regione Calabria, in quanto oltre a non rientrare nelle competenze (il primo rinvenimento è stato finanziato e commissionato dall'Arpacal), il fenomeno delle navi sommerse investirebbe almeno quattro regioni: Basilicata, Sicilia, Puglia e Calabria. Il lavoro potrebbe risultare utile, non solo per capire una volta per tutte l'entità del danno (sono solo le trenta navi raccontate dal collaboratore Francesco Fonti o la pratica degli affondamenti potrebbe essere stata affidata anche ad altre imprese criminose?), ma anche per appurare il reale carico affondato con le imbarcazioni. «Sul sito di Cetraro andrebbe fatta una rigorosa caratterizzazione del sistema marino adiacente la nave, e poi ci sarebbe bisogno di uno studio sul relitto e sullo stato dei fusti», spiega Greco. Il tutto «per capire se si bisognerà procedere con un sarcofago in sito, uno svuotamento, o altro». Come abbiamo appurato dall'intervista svolta dall'AMI al Sen. Nicodemo Filippelli nel 2004 la commissione d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti allertò il presidente del consiglio dei ministri circa la gravità del fenomeno. Allora non fu presa alcuna iniziativa. Dopo cinque anni la vicenda torna alla pubblica ribalta con il rinvenimento della Cunski.
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