giovedì 16 dicembre 2010

FAREAMBIENTE (Coordinamento Calabria) "Sostituire coperture in amianto con il fotovoltaico conviene sempre di più"


Il nuovo Conto energia ha incrementato anche gli incentivi sociali per coloro che sostituiranno con il fotovoltaico le coperture in amianto, purtroppo ancora numerose in Italia. Infatti secondo l'articolo 10 del decreto del 24 agosto 2010 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, sostituire il pericoloso eternit con pannelli fotovoltaici darà diritto a un premio del 5% in più rispetto agli incentivi già in vigore. Riguarda gli impianti fotovoltaici integrati in superfici esterne di edifici, fabbricati, strutture edilizie di destinazione agricola, in sostituzione di coperture in eternit o contenenti amianto. Lo stesso incentivo è cumulabile con il premio per impianti fotovoltaici per un uso efficiente dell'energia. Per gli impianti fotovoltaici realizzati su edifici, invece, è previsto un incremento sulla tariffa incentivante del 10%, che però non è cumulabile con altre agevolazioni. Dunque oltre a liberarci di un materiale estremamente dannoso per l'ambiente e per la salute, c'è la possibilità di trarre da questo progetto reali benefici per lo sviluppo sostenibile per le nostre città. Il Movimento Ecologista Europeo ''Fare Ambiente"Coordinamento Calabria'' lo scorso 14 Giugno 2010 aveva incontrato l'assessore della Regione Calabria all'Ambiente Francesco Pugliano per sensibilizzare tale iniziativa. La delegazione, secondo un comunicato, composta dal Coordinatore Regionale, Antonio Iaconetti; dal coordinatore nazionale giovanile, Aurelio Longo, e dal Presidente della Commissione Energia, Orazio Mainieri. Nel corso dell'incontro i rappresentanti di FareAmbiente avevano avanzato la proposta ''Rottamiamo i tetti in eternit''. L'idea e' quella di incentivare la sostituzione dei tetti in amianto, che sono ancora numerosi nei comuni Calabresi e a questo punto speriamo anche nel resto d’Italia, con pannelli fotovoltaici per la produzione di energia pulita. L'amianto ricordiamo venne utilizzato per decenni per la coibentazione di edifici, tetti, navi, treni. La legge che ne ne prevede lo smaltimento è la 257 del 1992. È stato adottato anche come materiale per l'edilizia per tegole, pavimenti, tubazioni, vernici, canne fumarie, serbatoi dell'acqua, nelle auto e in molte altre applicazioni. In Italia, secondo le stime del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) e l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (Ispesl), ci sono ancora 32 milioni di tonnellate di amianto sparse in tutto il territorio nazionale. In Italia fino al 2004 sono stati registrati 9.166 casi di mesotelioma maligno, il tumore provocato dalle fibre di amianto respirate, secondo il Registro nazionale dei mesoteliomi.
Tra questi per il 69,8% la causa è professionale, per il 4,5% famigliare e per il 4,7% ambientale.

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f.to
Ing. Aurelio Longo
Coordinatore Nazionale Giovani FareAmbiente
aurelio.longo@gmail.com

martedì 14 dicembre 2010

FAREAMBIENTE (Coordinamento Calabria): Sostituire coperture in amianto con il fotovoltaico conviene sempre di più



Il nuovo Conto energia ha incrementato anche gli incentivi sociali per coloro che sostituiranno con il fotovoltaico le coperture in amianto, purtroppo ancora numerose in Italia. Infatti secondo l'articolo 10 del decreto del 24 agosto 2010 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, rimpiazzare il pericoloso eternit con pannelli fotovoltaici darà diritto a un premio del 5% in più rispetto agli incentivi già in vigore.  Riguarda gli impianti fotovoltaici integrati in superfici esterne di edifici, fabbricati, strutture edilizie di destinazione agricola, in sostituzione di coperture in eternit o contenenti amianto. 

Lo stesso incentivo è cumulabile con il premio per impianti fotovoltaici per un uso efficiente dell'energia. Per gli impianti fotovoltaici realizzati su edifici, invece, è previsto un incremento sulla tariffa incentivante del 10%, che però non è cumulabile con altre agevolazioni. Oltre a liberarci di un materiale estremamente dannoso per l'ambiente e per la salute, c'è la possibilità di trarre da questo progetto reali benefici per lo sviluppo sostenibile per le nostre città.
Il Movimento Ecologista Europeo ''Fare Ambiente"Cooridamento Calabria'' lo scorso 14 Giugno 2010 aveva incontrato l'assessore della Regione Calabria all'Ambiente Francesco Pugliano per sensibilizzare tale iniziativa. La delegazione, secondo un comunicato, composta dal Coordinatore Regionale, Antonio Iaconetti; dal coordinatore nazionale giovanile, Aurelio Longo, e dal Presidente della Commissione Energia, Orazio Mainieri. Nel corso dell'incontro i rappresentanti di FareAmbiente avevano avanzato la proposta ''Rottamiamo i tetti in eternit''. L'idea e' quella di incentivare la sostituzione dei tetti in amianto, che sono ancora numerosi nei comuni Calabresi, con pannelli fotovoltaici per la produzione di energia pulita.
L'amianto ricordiamo venne utilizzato per decenni per la coibentazione di edifici, tetti, navi, treni. La legge che ne ne prevede lo smaltimento è la 257 del 1992. È stato adottato anche come materiale per l'edilizia per tegole, pavimenti, tubazioni, vernici, canne fumarie, serbatoi dell'acqua, nelle auto e in molte altre applicazioni. In Italia, secondo le stime del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) e l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (Ispesl), ci sono ancora 32 milioni di tonnellate di amianto sparse in tutto il territorio nazionale. In Italia fino al 2004 sono stati registrati 9.166 casi di mesotelioma maligno, il tumore provocato dalle fibre di amianto respirate, secondo il Registro nazionale dei mesoteliomi. 
Tra questi per il 69,8% la causa è professionale, per il 4,5% famigliare e per il 4,7% ambientale. 


f.to
Ing. Aurelio Longo
Coordinatore Nazionale Giovani FareAmbiente
aurelio.longo@gmail.com

domenica 5 dicembre 2010

La responsabilità del valutatore immobiliare di Bosco Teresio, Tetto Francesca

Le recenti inchieste giudiziarie che hanno coinvolto società immobiliari in posizione dominante sul mercato hanno fatto emergere in tutta la sua gravità il problema delle stime immobiliari utilizzate come strumento per gonfiare i bilanci sociali facendo figurare valori non rispondenti alla realtà.
Si assiste così a clamorosi crack finanziari diretta conseguenza di manovre a dir poco ardite e all'impossibilità di restituire i generosi finanziamenti ottenuti anche a mezzo di stime fatte su misura e sulla scorta delle quali il sistema bancario ha accordato l'accesso al credito, spesso illimitato, confidando nell'apparente solidità delle garanzie offerte.
Viene dunque in evidenza il ruolo dei periti immobiliari in più occasioni a vario titolo chiamati a certificare il valore del patrimonio sociale: si pensi all'ipotesi di conferimenti in natura nelle società di capitali (art. 2465 cod. civ.), al compimento di operazioni straordinarie quali trasformazioni (art. 2500-ter cod. civ.), fusioni (art. 2501-quater e sexies), scissioni (art. 2506-ter cod. civ.), o più semplicemente alle perizie effettuate in occasione di trasferimenti di quote sociali onde acclararne il valore effettivo o ancora per l'accesso a finanziamenti da parte di soggetti terzi. In tale contesto diventa sempre più attuale il problema del procedimento di valutazione degli immobili e di quello connesso della responsabilità dei valutatori immobiliari, vuoi nell'ipotesi in cui costoro pervengano a stime rivelatesi errate per imperizia, vuoi nella più grave ipotesi di stime volutamente alterate.
I procedimenti di valutazione degli immobili
I procedimenti di stima normalmente applicati in Italia si dividono in:
a. procedimenti di stima sintetici basati sulla comparazione diretta del bene con altri aventi analoghe caratteristiche di cui si conoscono gli apprezzamenti di mercato;
b. procedimenti di stima analitici basati sulla capitalizzazione del reddito ordinario ritraibile dal bene oggetto di stima.
Si tratta di metodologie basate su criteri empirici, dati sommari e ipotesi teoriche, il che fa sì che troppo spesso si pervenga a valutazioni convenzionali, in massima parte basate sul dato d'esperienza del singolo perito estimatore anziché su criteri scientifici consolidati e passibili di verifica, finendo spesso per rappresentare nulla più che un parere del singolo professionista. A ciò si affianca la difficoltà di rilevazione dei prezzi di mercato effettivamente contrattati e l'assenza di una banca dei dati immobiliari, circostanze tutte che rendono difficile valutare a priori la congruità della stima proposta e, di riflesso, la correttezza dell'operato del valutatore.
Proprio per ovviare a ciò, a livello internazionale si sono consolidate norme (a cominciare dall'accordo sul capitale di Basilea noto come Basilea 2) che hanno introdotto un metodo scientifico che consente di pervenire a un valore sintetico sulla scorta di procedimenti valutativi riconosciuti e muniti di largo consenso. Si sono così affermati gli International valuation standard con i tre approcci alla stima immobiliare:
1. market approach (metodo a confronto di mercato);
2. cost approach (metodo del costo);
3. income approach (metodo finanziario);
che consentono di definire in modo chiaro le metodologie operative utilizzate nel procedimento di valutazione.
Le responsabilità del valutatore
Quanto alla responsabilità del valutatore immobiliare vengono in rilievo tre distinti profili:civilistico, penalistico e disciplinare.
Con l'accettazione dell'incarico, il perito assume un'obbligazione di fare che si concretizza nel compimento di tutti quegli accertamenti e quelle valutazioni atte a fornire alla committenza gli elementi tecnici e scientifici necessari per la soluzione della questione che ne ha richiesto l'intervento. L'inesatto adempimento dell'obbligazione assunta è fonte di responsabilità per il consulente.
Sotto il profilo strettamente civilistico, posto che l'attività di consulenza rientra nell'ambito delle prestazioni d'opera professionali, la responsabilità del perito è regolata dall'art. 1176 cod. civ. che al secondo comma non ritiene sufficiente che il professionista, nello svolgimento dell'incarico, si comporti con la diligenza del buon padre di famiglia e dunque con la diligenza dell'uomo medio, ma gli impone una diligenza, per così dire, aggravata, da modularsi e valutarsi con riguardo alla specifica natura dell'attività esercitata.
Dunque, per valutare il grado di diligenza impiegata, e di riflesso la responsabilità del professionista, deve farsi riferimento al tipo specifico di attività che questi è chiamato a svolgere e alle conoscenze tecnico-professionali richieste al momento dell'adempimento della prestazione. Il particolare rigore di detta norma è parzialmente attenuato dall'art. 2236 cod. civ. che, nel solo caso di soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, limita la responsabilità del professionista alle ipotesi di dolo o colpa grave, escludendo pertanto la colpa lieve.
Di fatto, il professionista che arrechi un danno al committente risponde anche per colpa lieve sia qualora non abbia fatto corretta applicazione di regole e conoscenze che debbono considerarsi acquisite e consolidate nell'ambito di una certa ars, al punto da essere ritenute necessario corredo della preparazione del professionista che si dedichi a quel determinato settore, sia qualora si provi che abbia accettato e svolto un incarico professionale nonostante la consapevolezza o il fondato timore dell'inadeguatezza e incompletezza della propria preparazione e della necessità di indirizzare il cliente ad altro specialista.
Sotto il profilo penalistico qualora il consulente presti la propria opera a favore di una parte processuale vengono in rilievo le fattispecie di cui agli artt. 380 e 381 cod. pen. La prima riguarda il caso del consulente tecnico «che, rendendosi infedele ai suoi doveri professionali, arreca nocumento agli interessi della parte da lui ... assistita o rappresentata dinanzi all'Autorità giudiziaria» (reclusione da uno a tre anni e multa non inferiore a € 516,00).
La seconda disposizione riguarda invece il caso del consulente «che in un procedimento dinanzi all'Autorità giudiziaria presta contemporaneamente, anche per interposta persona, ... la sua consulenza a favore di parti contrarie» (reclusione da sei mesi a tre anni e multa non inferiore a € 103,00).
Al di fuor di queste particolari ipotesi, qualora emerga la redazione di stime volutamente artefatte effettuate da periti compiacenti e collusi, i quali abbiano agito in spregio a qualsivoglia regola deontologica ed etica, al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, assumeranno rilievo le disposizioni di cui agli artt. 640 cod. pen. (reclusione da sei mesi a tre anni e multa da € 51,00 a € 1.032,00) e 640-bis cod. pen. (reclusione da uno a sei anni).
Accanto alle responsabilità tradizionali, civili e penali, sta assumendo oggi sempre maggiore rilevanza un'ulteriore forma di responsabilità propria del valutatore quale prestatore d'opera professionale tenuto all'osservanza di regole deontologiche dettate dall'Ordine professionale di appartenenza.
Ciò è a tal punto vero che recentemente si è da più parti tentato di definire un codice deontologico delle valutazioni immobiliari che individui i particolari doveri alla cui osservanza è tenuto lo stimatore, onde definirne canoni specifici di preparazione e competenza, nonché di onestà e trasparenza nello svolgimento del processo di valutazione che è chiamato a rendere.
Mentre in passato si relegava l'illecito disciplinare in una posizione marginale, sul presupposto per cui le regole deontologiche non potessero assurgere a fonte normativa, con la conseguenza che di illecito poteva parlarsi solo allorché risultasse violata una precipua norma dell'ordinamento civile, ulteriore rispetto alla regola deontologica, recentemente si è giunti a porre sullo stesso piano illecito civile e illecito deontologico assegnando alle regole deontologiche rilevanza giuridica immediata. Quest'ultima deriva alle norme del codice disciplinare dalla delega effettuata dal legislatore statale (D.Lgs. 382 del 23 novembre 1944) e dalla loro funzione di parametro normativo generale alla stregua del quale valutare la condotta dei professionisti iscritti (in tal senso, in materia di responsabilità disciplinare degli avvocati, Cass., Sez. Unite, sent. 20 dicembre 2007 n. 26810).